Questa è una copia, eseguita da Marco Maria Fenocchio, di Patroclo del pittore Jaques Louis David pittore francese. Le biografie raccontano che David fosse lontano parente di Francois Boucher primo pittore del re a quei tempi, ma con cui non studiò mai per via dell’avanzata età di quest’ultimo. Egli imparò il mestiere da Joseph Marie Vien considerato il padre del neoclassicismo francese. Quest’ultimo si formò a sua volta con Charles Joseph Natoire considerato all’epoca alla pari di Francois Boucher. Quest’ultimo studiò con Francois Lemoyne (ma anche con Louis Galloche) pittore francese rococò che a sua volta imparò il mestiere da Louis Galloche che a sua volta lo imparò da Louis Boullogne II figlio del pittore Louis Boullogne e fratello di tre altri pittori Bon, Madeleine e Genevieve. Questa piccola genesi ci consente di capire come non sempre si diventa grandi artisti per caso e credo sia utile per ripassare un pò di artisti francesi dall’inizio del ‘600 fino a fine ‘700. Ma Jaques Louis David fu anche maestro di Jean Auguste Dominique Ingres a sua volta maestro di William Adolphe Bouguereau. Tutti questi pittori oltre ad essere accomunati dal rapporto maestro-allievo erano anche accomunati dal fatto di aver vinto il premio Prix de Rome una borsa di studio che lo stato francese dava agli studenti che si distinguevano nel campo delle arti. L’unica eccezione è Louis Boullogne padre che, sicuramente, non era più studente quando nacque il premio. Questo premio era considerato il trampolino di lancio verso una carriera artistica di primaria grandezza. Il premio fu abolito nel 1968 dal ministro della Cultura André Malreau.
Dopo questa breve parentesi di storia dell’arte vi lascio alle parole di Marco Maria Fenocchio.
Copia di Patroclo di Jacques Louis David realizzato da Marco Maria Fenocchio
Questo quadro è stata una commissione che ho realizzato per realizzare qualche soldo. Il quadro è di grandi dimensioni e poichè volevo finirlo presto mentre per natura sono lento, ho attinto dal mio bagaglio di stratagemmi ed escamotages tecnici di cui sono diventato maestro molto più che in arte. Quindi ora vi descriverò la procedura che ho seguito per realizzarlo.
- Ho acquistato una tela che ho preparato con cementite colorata a tinta beige. Il colore è quello tipico della carta da pacchi un pò chiara. Ho steso la cementite in modo sottile e l’ho lasciata essicare al sole.
- Disegno a carboncino mediante il sistema della quadrettatura, ripassato con la mina di piombo perchè non macchia. Poi ho pulito la tela dalla carbonella.
- Ho eseguito un chiaroscuro con un colore bruno ottenuto mediante la mistione dei seguenti colori: ocra gialla chiara, terra rossa chiara, poco nero e con aggiunta di olio addizionato a medium siccativo composto dai seguenti ingredienti: vernice copale, olio di noci, siccativo di courtrai e essenza di petrolio. Il chiaroscuro è stato realizzato con colore abbastanza intenso ma trasparente. In questa fase non ho utilizzato il bianco se non un poco sulle massime luci. L’insieme deve avere una parvenza abbastanza compiuta anche nei particolari che non siano però marcati troppo. Ho lasciato poi il dipinto asciugare bene.
- Questo disegno ombreggiato e lumeggiato è la base su cui dipingere la carnagione ed è importante che sia asciutto Sulle altre parti del quadro ho fatto soltanto il profilo con qualche accenno di ombre nel panneggio.
- Qui comincia la seconda fase del dipinto. Ho preparato le tinte base per l’incarnato cercando di usare il minor numero di colori possibile. Ho eseguito, quindi, tutto il lavoro con 2 tinte base e un pò di bianco, eventualmente aggiustando con qualche colore ausiliario dove occorre, in modo che l’abbozzo sia il più finito possibile.
- Per il colore base dell’ombra dell’incarnato ho usato una miscela composta da: ocra gialla, poca terra rossa chiara, nero-blu (una parte di nero+una parte o due di blu). Il colore risultante è simile alla terra d’ombra ma è più chiara e più calda.
- Ho evitato di usare le terre d’ombra nelle tinte delle carni per 2 motivi: seccano troppo in fretta perchè contengono manganese, io devo conservare le tinte per più giorni; tendono a scurire e a invadere un pò i colori in miscela con esse. Le uso invece per qualche ritocco o miscelando la terra d’ombra naturale con poca lacca carminio per fare le ombre dei capelli castani.
- Per il colore base delle areea in luce, ho mescolato: cinabro, ocra gialla chiara, bianco e poco blu. I colori sono stati dosati ad occhio per ottenere una tinta la meno chiara e la più colorita delle parti in luce. Aggiungendo bianco a questo colore si fanno i toni più chiari ma anche tinte più pallide e scolorite.
- Queste due tinte base le ho confezionate nel foglio di plastica allo stesso modo con cui i pittori antichi conservavano i colori a olio nelle membrane degli animali (fogli ricavati da budelle, vescica, ecc.), così d’averle pronte per tutta la durata del lavoro.
- Dipingendo una carnagione ci si imbatte in tanti piccoli cambiamenti di colore che non si possono prevedere a priori. Per questo motivo tutte queste variazioni si devono preparare al momento sulla tavolozza correggendo le 2 tinte base via via che ce ne bisogno utilizzando un modesto assortimento di colori. Io ho scelto quelli più simili alle tavolozze dell’epoca: bianco, giallo limone o napoli (per schiarire ombre e riflessi), ocre gialle chiara e scura, cinabro, terra rossa, lacca carminio, terra siena bruciata, verde composto (ocra gialla e blu), blu oltremare chiaro, bruno van dyck, asfalto (con siccativo per velature) e nero. In aggiunta, un bruno composto da: ocra gialla scura, terra siena bruciata e blu.
- Quando ho iniziato l’abbozzo non ricordo se ho unto con olio di noci la parte da dipingere oppure no. In ogni caso, ho cominciato stendendo una leggera velatura di colore d’ombra sulle ombre e un pò oltre. Questa velatura non l’ho passata sulle parti molto in luce. I colori sono stati applicati a mosaico senza fare troppo spessore e poi ho modellato a fresco.
- Ho bagnato i pennelli in un composto fatto da olio di noci schiarito al sole e poca essenza. Con i pennelli così imbevuti ho sfumato i colori il minimo necessario, in modo che passando dalle mezzetinte all’inizio delle ombre, dove c’è sotto il chiaroscuro iniziale secco, venga fuori qualche semitrasparenza opalescente che in questi casi ci sta molto bene. In pratica, ho portato avanti questo lavoro mettendo i colori aggiustati a occhio, cercando di commettere meno errori possibili e correggere a fresco, sapendo che poi c’è da fare la rifinitura sull’abbozzo secco. Più definito è l’abbozzo, meglio e con meno lavoro si rifinisce.
- Qui comincia la terza fase, ossia le rifiniture sull’abbozzo secco. A volte è necessario pulire e sgrassare un pò il dipinto con una spugna e acqua e farlo asciugare un momento al sole. Ho rinforzato le ombre con poche velature usando il medium grasso seccativo citato sopra. Ho schiarito sulle massime luci con una passata sottile come una velatura di bianco riscaldato con poca ocra gialla chiara dopo aver unto leggermente con olio di noci la parte perchè non facesse l’effetto di una giunta. Nei chiari non metto siccativi scuri, copale, ecc. perchè ingialliscono.
Questo soggetto vi aiuta a capire come io eseguo le carnagioni. Ma risultati analoghi possono essere raggiunti anche con procedure diverse. Il mio parere è che se c’è una regola, questa deve per forza comprendere il minor numero di fasi di lavoro e di colori per giungere al risultato ottimale.
Sembra magnifico,complimenti!