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Come vendere le tue opere d’arte senza diventare evasore fiscale?

Vendere Opere d'Arte

Dipingi da un pò di tempo e parenti, amici e conoscenti chiedono di acquistare una tua opera ma mille dubbi ti assalgono: devo rilasciare una ricevuta? Serve una partita IVA? Devo segnalare le mie opere alla SIAE per tutelare i miei diritti di autore? Devo essere iscritto in uno speciale registro o categoria commerciale?

Se ti stai chiedendo come gestire la compravendita senza infrangere la legge in quest’articolo cercherò di chiarire tutti gli aspetti legali affinchè tu possa vendere le tue opere con la sicurezza di non diventare un evasore fiscale.

Poichè le casistiche possono essere diverse, vedremo due casi tipici di persone immaginarie che chiameremo: Mattia e Ilaria.

Censimento dell’opera presso la SIAE o altro registro pubblico

Siae

Mario e Ilaria stanno cominciando la loro esperienza artistica e ci sono due dubbi che li assalgono:

  1. le proprie opere devono essere registrate presso la SIAE?
  2. esiste un obbligo di censimento delle proprie opere in qualche pubblico registro?

Rispondiamo al primo dubbio consultando le FAQ sul sito della SIAE [1]. Tra le tante domande c’è la seguente con relativa risposta:

E’ obbligatorio aderire alla SIAE?

Non è obbligatorio aderire alla SIAE. L’adesione alla SIAE è libera e volontaria. L’autore può teoricamente decidere di curare direttamente i rapporti con gli utilizzatori per tutelare i propri diritti, ma di fatto l’intermediazione di una organizzazione specializzata e capillare è indispensabile. In Italia, l’attività di intermediazione è riservata dalla legge alla SIAE in via esclusiva. L’autore può comunque scegliere di aderire ad altre Società di autori di Paesi stranieri.

Quindi Mattia e Ilaria non sono tenuti a registrare le loro opere presso la SIAE e possono curare da soli i loro rapporti con gli acquirenti.

Se l’iscrizione alla SIAE non è obbligatoria c’è qualche altro registro pubblico dove bisogna censire le proprie opere?

La risposta breve a questa domanda è NO. Mattia e Ilaria vogliono vendere opere create da loro il cui valore commerciale è piuttosto contenuto e, in tali casi, non c’è alcun obbligo di censimento in alcun registro pubblico.

L’obbligo di censimento infatti riguarda “cose antiche o usate” di un certo “interesse storico” e che comunque abbiano un certo valore. Le opere per cui è obbligatorio il censimento sono opere appartenenti a ben 15 categorie diverse (es. reperti archeologici, elementi di monumenti, ecc.) aventi più di 50 anni e non appartenenti all’autore e/o con valore superiore a 139.794,00 Euro. Questi sono i casi in cui le opere devono far parte di pubblici registri, quindi Mattia e Ilaria non hanno bisogno farlo.

Per il lettore più esigente riportiamo qui di seguito una sezione espandibile con le leggi che chiariscono i due dubbi di Mattia e Ilaria. Chi non è interessato a conoscere troppi dettagli può saltare questa sezione e leggere direttamente il prossimo paragrafo sulla Partita IVA.

Obbligo censimento in pubblico registro

L’obbligatorietà di censimento delle opere in pubblici/o personali registri, per i quali la vecchia Legge 20 novembre 1971, n. 1062 aveva lasciato qualche lacuna, è colmata oggi grazie al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004):

Art. 63 – Obbligo di denuncia dell’attività commerciale e di tenuta del registro.

  1. L’autorità locale di pubblica sicurezza, abilitata … a ricevere la dichiarazione preventiva di esercizio del commercio di cose antiche o usate, trasmette … copia della dichiarazione medesima, presentata da chi esercita il commercio di cose rientranti nelle categorie di cui alla lettera A dell’Allegato A del presente decreto legislativo.
  2. Coloro che esercitano il commercio delle cose indicate al comma 1 annotano giornalmente le operazioni eseguite nel registro prescritto dalla normativa in materia di pubblica sicurezza, descrivendo le caratteristiche delle cose medesime. Con decreto adottato dal Ministro di concerto con il Ministro dell’interno sono definiti i limiti di valore al di sopra dei quali è obbligatoria una dettagliata descrizione delle cose oggetto delle operazioni commerciali.
  3. Il soprintendente può comunque accertare d’ufficio l’esistenza di archivi o di singoli documenti dei quali siano proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, i privati e di cui sia presumibile l’interesse storico particolarmente importante.

Come vedete si parla di “cose antiche o usate” e di “interesse storico” e comunque cha abbiano un determinato “valore”. Leggiamo cosa contiene il menzionato allegato “A” facendo particolare attenzione al punto “3”:

Allegato A – (Previsto dagli artt. 63, comma 1; 74, commi 1 e 3; 75, comma 3, lettera a)

A. Categorie di beni:

  1. Reperti archeologici aventi più di cento anni …..
  2. Elementi, costituenti parte integrante di monumenti artistici, storici o religiosi … aventi più di cento anni.
  3. Quadri e pitture diversi da quelli appartenenti alle categorie 4 e 5 fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale (1).
  4. Acquerelli, guazzi e pastelli eseguiti interamente a mano su qualsiasi supporto.
  5. Mosaici diversi da quelli delle categorie 1 e 2 realizzati interamente a mano con qualsiasi materiale (1) e disegni fatti interamente a mano su qualsiasi supporto.

L’elenco prosegue indicando altre 10 categorie ma vediamo dove ci rimanda la postilla (1) del punto “3”:

(1) Aventi più di cinquanta anni e non appartenenti all’autore.

E se questo non bastasse continuiamo a leggere l’allegato:

I beni culturali rientranti nelle categorie da 1 a 15 sono disciplinati da questo Testo Unico soltanto se il loro valore è pari o superiore ai valori indicati alla lettera B.

Andiamo subito a vedere alla lettera “B” il valore dei beni facenti parte della nostra categoria 3) :

B. Valori applicabili alle categorie indicate nella lettera A (in euro):

5) 139.794,00
3. Quadri

Mi pare quindi chiaro che se l’opera che intendiamo vendere è di nostra proprietà ed ha un valore inferiore ad euro 139.794,00 allora non vi è “Obbligo di denuncia dell’attività commerciale e di tenuta del registro”.

Mattia e Ilaria, quindi, non sono tenuti a censire in pubblici registri i quadri che vogliono vendere. Essi, però, potranno proteggere le loro opere rilasciando al cliente un Certificato di Autenticità. Parlerò di come redigerlo in un prossimo articolo.

Partita IVA

Partita Iva

A questo punto a Mattia e Ilaria è chiaro che non hanno alcun obbligo di registrare le proprie opere. Però i due artisti vogliono vendere le proprie tele e vendere un quadro significa incassare dei soldi. La domanda che si pongono a questo punto è la seguente: se vendo la mia opera e guadagno del denaro sono obbligato ad aprire partita IVA?

Per rispondere a questa domanda bisogna analizzare bene il D.P.R. 633/72 cominciando proprio con la definizione di IVA:

“imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”

Detto questo, il fatto di occuparsi di “cessione di beni”, fa intendere che il pittore che vende il suo quadro è una persona soggetta ad IVA, ma andiamo avanti con il D.P.R. 633/72:

Art. 5 – Esercizio di arti e professioni

  1. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo …

Tutto è focalizzato in questo Articolo 5 dove è specificato che siamo parte in causa se “l’esercizio della nostra professione è abituale”. Ora Mattia e Ilaria devono chiedersi se la vendita delle loro tele è da considerarsi un’attività abituale oppure è soltanto un hobby. Se la loro attività di vendita non è abituale, di riflesso è una “attività di lavoro occasionale”. Ma per le leggi italiane cosa si intende per lavoro occasionale? Ce lo spiega la Legge 14 febbraio 2003, n. 30:

Art. 4. –  Delega al Governo in materia di disciplina delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite

1. Il Governo è delegato ad adottare …  uno o più decreti legislativi recanti disposizioni volte alla disciplina … delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale….

c) con riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative:

2. differenziazione rispetto ai rapporti di lavoro meramente occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivo per lo svolgimento della prestazione sia superiore a 5.000 euro;

Per concludere, non si ha obbligo di apertura della partita IVA se l’attività di vendita delle nostre opere è un lavoro occasionale per il quale non superiamo compensi annuali per euro 5.000 oppure ha una durata, in un anno solare, inferiore a 30 giorni.

Quindi Mattia e Ilaria  dipingendo per hobby è presumibile che il loro compenso annuo derivante dalla vendita delle loro opere sia inferiore a 5000 Euro, in tal caso non c’è obbligo per loro di aprire una partita IVA.

Qualora poi il loro hobby gli porterà a cifre che superano quelle indicate e vorranno intraprendere la strada della professione, allora sarà il caso di contattare un commercialista per l’apertura della partita IVA ed il disbrigo delle pratiche per la creazione di una vera e propria attività artigiana.

Come dichiarare i guadagni delle vendite?

Blocchetti Ricevute Fiscali

Fino a questo momento sia Mattia che Ilaria sembra non abbiano alcun obbligo verso la legge in quanto:

  1. non devono iscriversi alla SIAE o altri registri;
  2. non devono aprire Partita IVA.

Ma non è così. Sia Mattia che Ilaria, pur vendendo le loro opere occasionalmente, devono rilasciare un documento che attesta la cessione del bene ed il corrispettivo incassato per poi presentare tale documento in sede di denuncia dei redditi. Semplicemente basta acquistare in cartoleria un blocco ricevute con numeri progressivi (in mancanza scriviamo noi il numero) che dobbiamo compilare ad ogni vendita specificando i nostri dati (incluso il codice fiscale), il tipo di bene venduto (ad esempio “acrilico su tela 50×60 – titolo dell’opera”) ed il prezzo. Nel caso il cliente richieda fattura dobbiamo indicare i dati fiscali del richiedente (ragione sociale, indirizzo legale e partita IVA).

Ilaria avendo già un suo “lavoro abituale” presenta già ogni anno la denuncia dei redditi. In tale denuncia dovrà aggiungere anche i guadagni provenienti dalla sua nuova attività occasionale. Mattia, invece, è fiscalmente a carico di uno dei suoi genitori. Quindi l’importo dei suoi guadagni dovrà essere aggiunto nella denuncia dei redditi del proprio genitore.

Se hai ancora qualche dubbio o vuoi condividere la tua esperienza lascia pure un commento.

Nota importante: quest’articolo è stato scritto nel 2014 da un membro della community a puro scopo informativo. Esso non vuole sostituirsi alla consulenza di un commercialista che è sempre necessaria in questi casi. Dal 2014 l’articolo non è stato più aggiornato. Mi sono state segnalate nella sezione commenti delle imprecisione che meriterebbero un approfondimento e, probabilmente, l’articolo andrebbe sicuramente rivisto.