- Disegno & Pittura - https://www.disegnoepittura.it -

Copia della Suonatrice di liuto di Orazio Gentileschi.

Copia della Suonatrice di Liuto di Orazio Gentileschi

Per dipingere questo quadro rispettando la tecnica, il modo di operare e di preparare i colori e gli attrezzi necessari più vicini a quelli dell’epoca, bisogna tener conto che, non essendo un soggetto  facile, il lavoro va programmato ed eseguito senza fretta. Sono tre fasi di lavoro:

  1. Preparazione della tela col disegno rifinito a chiaro-scuro.
  2. Abbozzo completo di tutto il soggetto con i suoi colori.
  3. Rifiniture e ritocchi.

Copia della Suonatrice di Liuto di Orazio Gentileschi

La preparazione della tela

Prima di tutto bisogna procurarsi gli attrezzi ed i prodotti adatti. Una tela di lino o  misto lino montata su telaio di misure proporzionali all’originale, che è di cm. 144 x 130. Una o più foto abbastanza nitide e sufficentemente ingrandite del quadro, che si trova alla National Gallery di Washington.

Poniamo di farlo alto 1 mt. , sarà largo:  144:130=100:L  ;  L= (130×100):144 = 90,2. Le misure sono di 100×90  ( i 2 mm. in meno sono irrilevanti).

La tela bianca non va bene, è meglio darle una tinta base color carta da spolvero o carta da pacchi chiara che aiuta a fare il chiaro-scuro. Si può fare con una base acrilica, ma io preferisco la Cementite colorata, essendo un pigmento alchidico è paragonabile alle imprimiture a olio che consigliavano vari autori dell’epoca. La Cementite si può colorare con i colori ad olio o farsela colorare dal colorificio, è meglio, un lavoro noioso in meno. La si può dare sulla tela con una spugna che poi si butta via. Viene sottile e uniforme, meglio che a pennello. Si secca bene, possibilmente al sole. Dopodichè si ripulisce da eventuali grumi, si lava con acqua e spugna per sgrassarla e si fa asciugare. Battere le chiavi del telaio per tendere bene e impostare il calcolo della quadrettatura per trasferire il disegno.

Il disegno

Conviene fare una fotocopia ingrandita opportunamente, da quadrettare e non rovinare l’originale. E’ importante che le rispettive quadrettature, foto-tela siano esattamente proporzionali e il numero di quadretti nè troppo fitto nè troppo scarso. La base di 90 cm. potrebbe dividersi, per esempio in 12 parti, così sarebbero quadretti di 7,5 cm. riportati su tutta la tela.

La medesima suddivisione la si faccia sulla foto. Sulla tela conviene fare il tracciato con un gessetto bianco appuntito o con carboncino molto leggero, servendosi di una stecca dritta per tirare le linee. Ora non resta che cominciare il disegno.

Si comincia a disegnare il contorno del soggetto con tratti leggeri, definendo le cose principali senza completare troppi dettagli, utilizzando come guida la quadrettatura. Anche questo disegno conviene eseguirlo col gessetto o il carboncino, leggermente, perchè sia facile da correggere man mano che si procede. Se è necessario, servirsi di una stecca poggiamano nel fare i particolari. E’ importante che le proporzioni dell’insieme siano giuste, senza esagerare nei dettagli. Senza fretta. Quando è finito si ripassa con una matita un pò dura o meglio con un pennellino e un colore bruno liquido o ad olio e siccativo o acrilico che secca subito. Questo disegno finale sia più giusto possibile e leggero. Quando il profilo è secco si pulisce la tela dalle tracce di gesso o carboncino. Si puo anche pulire con una spugna umida facendo attenzione a non sciogliere il disegno.

L’abbozzo in chiaroscuro

Adesso si prepara un chiaro-scuro generale, più preciso nelle carnagioni (volto e mani), senza esagerare nei dettagli e un pò sommario nel resto. Questo lavoro si fa ad occhio perchè non c’è più la quadrettatura. Il colore adatto è un bruno verdastro piuttosto caldo un pò trasparente (verdaccio). Si ottiene da una miscela di: ocra gialla+poco nero+pochissima terra rossa. Attenzione alla terra rossa, certe volte macchia troppo. Si diluisce con un pò di Medium siccativo, l’essenza di trementina o di petrolio lo fa colare e fa delle chiazze che rovinano tutto.

Si comincia ad ombreggiare dalle parti più scure lavorando leggero e trasparente, servendosi di pennelli di setola, sfumini, dita, straccetti. Evitando di macchiare dove sono le luci. Il colore della tela fa da mezzo tono. Deve risultare l’effetto di rilievo al meglio possibile. Tocco finale, un pò di bianco a lumeggiare le parti in luce. Quando tutto è finito, riveduto e corretto, si fa seccare bene. Questo chiaro-scuro può richiedere abbastanza tempo, ma è di grande aiuto dopo. Un consiglio: fare il tutto un tantino sfumato nelle carnagioni, evitando marcature troppo forti che potrebbero disturbare quando si sovrappone il colore vero e proprio, nelle parti in cui è dato sottile.

L’attrezzatura per la fase pittorica

Per facilitare la pittura ci vuole l’attrezzatura adatta: un cavalletto stabile, una cassetta abbastanza grande da contenere colori, additivi, pennelli e vasetti dei liquidi. Un tavolo, protetto da un foglio di plastica, per fare lavori vari e poggiare una lastra di vetro spesso, grande almeno 30-35 cm di lato, molata sui lati, molto utile per preparare le tinte da mettere poi sulla tavolozza. Per conservare i colori avanzati, da utilizzare il giorno dopo, si possono mettere sopra una lastrina di vetro di misura adatta a stare in una scatola di latta o di plastica larga e bassa col coperchio. Se all’interno insieme ai colori si mette anche una piccola spugna bagnata, l’umidità li mantiene più a lungo. Non va tanto bene immergere i colori nell’acqua, patiscono; l’unico che migliora stando in acqua è il bianco di piombo.

I colori

I colori ad olio da scegliere è meglio che abbiano caratteristiche abbastanza simili a quelli dell’epoca del quadro che si vuol copiare. Nel nostro caso sono quelli del ‘600 (non esistevano, per esempio, nè il blu di prussia nè il giallo di cadmio nè il verde di cromo).

I colori da usare sono i seguenti: bianco di piombo (in mancanza, bianco di titanio-zinco), giallo limone, ocra gialla chiara; ocra gialla scura, lacca gialla*; rosso cinabro o vermiglione chiaro, terra rossa chiara (terra rosa Winsor&Newton, oppure ocra di carne Lefranc che non tingono troppo), terra siena bruciata*; lacca di garanza chiara*; lacca carminio*; verde-azzurro trasparente* (a imitazione del Verderame), verde trasparente* di tinta più calda (fatto di verde-azzurro + lacca gialla), blu oltremare chiaro* (va bene per tutto, con le opportune modifiche), terra d’ombra naturale, terra di cassel*, asfalto*, nero neutro Mussini/Norma*, nero avorio. I colori con asterisco sono trasparenti.

Questi colori primari potrebbero essere sufficenti a fare tutto. Molte tinte si possono ottenere da miscele o sovrapposizioni a velature di questi colori. Per esempio, volendo fare la terra d’ombra bruciata, basta aggiungere un pò di terra di siena bruciata alla terra d’ombra naturale, mentre non è possibile ricavare la naturale da quella bruciata. Però, un color terra d’ombra naturale o bruciata si può creare da mescolanze di ocre gialle, terre rosse e neri. Se si vuole un viola scuro, basta mescolare lacca carminio, blu e poca terra rossa; ma se si uniscono blu e vermiglione, dato che è rosso aranciato, si distruggono a vicenda in un brunastro insignificante. Infatti, mescolando i complementari si ottiene un colore bruno neutro. Basta fare un pò di prove annotando i risultati. L’impiego di strumenti come i colorimetri e lo spettrofotometro, è utile alle fabbriche di colori, i pittori valutano le tinte a occhio. Non basarsi troppo di cosa è scritto sui tubetti perchè sovente sono imitazioni, surrogati, non sempre simili ai pigmenti originali che non si producono più. Inoltre, lo stesso colore cambia da un produttore all’altro, pertanto non è possibile affidarsi ciecamente alle varie ricette per ottenere determinate tinte, occorrono aggiustamenti e modifiche delle dosi nelle mescolanze. Come additivi bastano tre liquidi: olio di noci (o di papaveri) decolorato, essenza di trementina (o di petrolio) e seccativo di Haarlem che è un miscuglio di olio cotto con piombo, vernice Copale e altro, prodotto da Lefranc (o altro diluente simile a una vernice seccativa).

I pennelli

I pennelli devono essere di varità diverse, non c’è il pennello che va bene per tutto. Occorrono di setola e di pelo più morbido, col manico lungo. A quei tempi, si usavano generalmente tondi di pelo un pò lungo. Purtroppo, bisogna spendere (se sono di cattiva qualità è come voler fare bella calligrafia con dei pennini rotti!), salvo 2 o 3 economici di setola abbastanza grandi per abbozzare i fondi, gli altri si devono scegliere migliori: 2 piccoli (non più grandi della punta di uno stuzzicadenti) di martora; 2 un pò più grandi, tondi di martora; 2 ancora un poco più grandi di martora. I sintetici, possono anche andare, ma di qualità. Non costano poco, ma si rovinano in punta, presto. Anche i pennelli tondi di puzzola o zibellino vanno più che bene per dare l’aspetto morbido e sfumato, per le carnagioni. Lasciar perdere il pelo di bue, non va bene. Salvo uno abbastanza grande per dare velature. Nella pittura a olio su tela, il grosso del lavoro si fa coi pennelli di setola. Piccoli, medi e grandi. Tondi, ovali e piatti. E’ bene averne un pò assortiti. Anche questi devono essere buoni, per esempio: i Meunier a pelo medio-lungo vanno benissimo. Dipingendo, i pennelli vanno in coppia: quello dei chiari, che contiene anche del Bianco e quello degli scuri. Infine, per sfumare nel colore ancora fresco, si possono usare quei pennellini di pelo nero Pelikan venduti come articoli scolastici in cartoleria, oppure i pennellini da trucco. Possibilmente, è meglio incominciare a dipingere con i pennelli un pò grandi per poi passare a quelli piccoli.

E’ utile una stecca appuntita (vecchio manico di pennello) per fare puntini, trattini, ecc.

La tavozza e il poggiamano

Due tavolozze, grande e piccola di legno scuro, perchè su quelle comuni chiare giallastre non si capiscono le tinte. Devono essere levigate e tenute pulite mediante un pò d’olio di lino (anche il girasoli del supermarket va bene per pulire tavolozze e pennelli). L’ultimo attrezzo utile è il poggiamano, che si può fare con un’asta tonda di legno di 1 metro circa, leggera da tenere in mano con una pallottola di pelle legata in cima, dove appoggia.

L’esecuzione del quadro

Fatta questa premessa sulla scelta dei matriali, cerco di descrivere al meglio l’esecuzione del quadro, però con il limite dato dall’impossibilità di spiegare ogni pennellata e le infinite variazioni di tinte e tono che si fanno ad occhio, istintivamente, sulla tavolozza durante il lavoro, aggiustando coi colori primari le tinte base, preparate per le singole parti del quadro. L’importante è stabilire, prima di cominciare, la parte che si vuole abbozzare, in modo di assicurarsi il tempo disponibile per completarla nel colore fresco, tenendo conto che prima di dipingere bisogna preparare la tavolozza con i colori primari e le tinte base del soggetto in questione, in maniera che non manchi colore durante l’esecuzione. Prepararsi il diluente e selezionare i pennelli necessari. L’abbozzo non si può buttare giù grossolanamente, basta che sia e pieno di difetti, ma il più possibile giusto in modo che richieda solo perfezionamenti, ritocchi e velature, quando è asciutto. Dunque è utile programmarsi il lavoro.

Dato che si copia da un fotografia, sarebbe l’ideale potervedere l’originale per valutare le differenze cromatiche. Ma Washington non è girato l’angolo (faccio un salto, prendo nota e torno), quindi si deve tener conto che le foto esagerano le tinte accese, i gialli e i rossi sembrano infuocati, le ombre delle carnagioni sembrano aranciate, mentre nella realtà sono più grigio-verdastre, più fredde di tinta. Anche i capelli biondo-scuro, sono meno accesi. Inoltre le foto fanno sembrare i contorni più netti ed i dettagli molto marcati, che in realtà sono più sfumati, specialmente nelle carni che devono dare il senso del morbido e vellutato.

Allora, ho iniziato dipingendo la testa e i capelli mettendo anche un pò di colore nel contorno in modo che sia stato possibile sfumarlo leggermente, oltre che poter correggere il profilo agendo sui due fronti, dentro e fuori la figura.

Prima di tutto ho preparato un diluente a lenta essicazione per lavorare nel colore fresco, a lungo: olio di noci (o di papaveri) + essenza di trementina (o di petrolio), circa pari dosi. Volendolo più tenace ma anche più essicante si può aggiungere quanto basta di Haarlem.

Ho scelto 2 pennelli piccoli di martora tondi a punta; 2 un pò più grandi di puzzola (non fanno la punta acuta come la martora e sono meno calligrafici, però spalmano il colore in modo adatto a fare le carnagioni); 2 di zibellino e poi 3 o 4 di setola varie misure, coerenti colle dimensioni del soggetto. Volendo, possono andare anche quelli sintetici, si usa ciò che si ha. Purchè non siano spazzolini spelacchiati. Le tinte base di una carnagione chiara rosea con capelli biondi scuri un pò ramati, le ho preparate seguendo il criterio di avere una tinta base A per le parti in luce, schiaribile col Bianco andando verso i chiarissimi; poi una tinta base B per le parti in ombra chiara e una C per l’ombra scura.

Queste 3 tinte A, B, C, preparate per il tipo di carnagione in questione le ho fatte così:

Tinta A = bianco 3p + cinabro (o vermiglione chiaro) 2p + ocra gialla chiara 1p + pochissimo blu o grigio-blu, se occorre attenuare la tinta troppo ranciata.

Deve risultare la tinta della parte in luce prossima a dove comincia l’ombra, o anche la più satura di colore, che si schiarisce aggiungendo semplicemente il bianco, facendo 2 o 3 toni. bianco quasi puro nel punto di massima luce.

Tinta B = terra rossa chiara 2p + ocra gialla chiara 2p + blu-nero 1/2p (miscela di blu e meno nero). A questa tinta si aggiunge un pò della A per fare 2 o 3 toni delle mezzeombre. E’ meglio che aggiungere solo il bianco.

Le quantità dei colori primari che compongono queste tinte, non sono da prendere alla lettera, dipendono dalle differenze tra le ditte produttrici. Bisogna giudicare a occhio se la tinta è abbastanza giusta, se no si variano le proporzioni.

Tinta C = terra siena bruciata 2 o 3p + ocra gialla scura 1 o 2p + blu-nero 1/2 circa. E’ un bruno scuro per rinforzare le ombre.

Le ombre delle carni, chiare e scure si possono ricavare semplicemente da miscele di terre rosse chiare o scure + ocre gialle chiare o scure + blu e/o nero; con un pò di bianco nelle ombre chiare mentre nei riflessi il bianco non va bene, va meglio il giallo limone o di napoli come schiarente. Non bisogna mai usare questi due gialli nei colori in luce delle carni, danno valori falsi e peggiorano col tempo. In pratica, per abbozzare la testa, mi sono preparato la tavolozza così:

lungo il bordo superiore, a partire da destra andando verso sinistra, ho piazzato piccole quantità di bianco, giallo limone, ocra gialla chiara, rosso cinabro, lacca carminio, terra rossa chiara, terra siena bruciata, verde composto (ocra gialla + blu), blu, blu-nero (miscela dei due), terra di cassel, nero. Conviene anche avere pronto un Grigio cenere fatto di bianco+nero, per il bianco degl’occhi e per attenuare tinte troppo vive, per esempio. Infine, un bruno neutro per abbozzare un pò di contorno alla testa, fatto di ocra bruna (terra d’italia)+lacca carminio+nero o terra di cassel.

Prima di mettere i colori ho unto leggermente la parte che volevo dipingere, e un pò oltre, con olio di noci (o papavero) asciugando bene l’eccesso con carta assorbente da cucina, per eliminare l’opaco e lavorare come nel colore fresco. Poi con un pennello di setole e poco colore d’ombra chiara (B) ho ripreso ombre e mezzi-toni con leggere velature, in modo sommario anche un poco sopra dove cominciano i chiari. Ma non si mette mai questa preparazione sopra parti che devono essere chiare e luminose. Quindi con i pennelli di setola ho subito iniziato dai chiari andando verso le ombre, posando le tinte preparate apposta per la carnagione, come un mosaico, cercando di mettere le pennellate giuste, nel posto giusto, del colore giusto e sufficentemente coprenti nei chiari, leggere un pò a velatura nelle ombre. Passando alle mezzetinte e alle ombre, ho usato altri pennelli per evitare il rischio di contaminare le ombre scure con il bianco contenuto nei pennelli dei chiari. Se si adoperano solo 1 o 2 pennelli, si è costretti a lavarli nell’essenza di trementina o di petrolio e asciugarli continuamente, usandone troppi, diventa un impaccio.

Comunque, 5 o 6 pennelli al massimo. Per riconoscere subito i pennelli dei chiari da quelli usati per gli scuri, li segno con un giro di nastro adesivo sul manico.

Siccome è sempre una cosa difficile azzeccare le tinte di una carnagione fin da subito, conviene abbozzare le parti in luce con una tinta alquanto luminosa e non esagerare con l’ocra gialla perchè, come tutte le ocre e terre, tendono a scurire. Lo stesso vale per le ombre, bisogna abbozzarle un pò più chiare, piuttosto che troppo scure rispetto al soggetto, vero o foto che sia.

Gli occhi, naso, bocca e orecchie richedono attenzione e precisione, perciò nelle parti piccole ho usato i pennelli piccoli di martora e zibellino.

Il colore delle labbra l’ho ricavato aggiustando le tinte base con un pò di lacca, cinabro e terra siena bruciata nel taglio bocca, dato molto leggero.

Le narici sono state fatte con una tinta un pò rossiccia non troppo scura. Le palpebre, dove sono leggermente rosa, con poca lacca aggiunta alle solite tinte base delle carni. Il bianco degli occhi, con del grigio più o meno chiaro fatto di bianco+nero+la tinta base chiari.

L’iride e le pupille sono la parte più scura e marcata di tutta la faccia. Nella foto del quadro sembrano grigio bluastro scuro (non ho visto l’originale) e la pupilla nera. Così le ho fatte.

Negl’occhi si vede sovente un punto luccicante. Per non fare una macchia, metto il colore quasi bianco con la punta di una stecca di legno al posto del pennello.

Mentre il colore della testa è ancora fresco bisogna abbozzare sopraciglia e capelli in modo che siano fusi con il colore della pelle sottostante, che non sembrino cose appiccicate. I colori dei capelli li ho ricavati dalle combinazioni di bianco (poco), giallo limone, ocra gialla e terra rossa, eventualmente aggiustati con nero e colore per i chiari della carnagione, per le parti illuminate. Per le parti scure dei capelli, da combinazioni di ocra bruna + terra rossa + nero, velati da asciutti anche con asfalto per rinforzare le ombre. Ci si può servire anche di bruno trasparente composto da lacca gialla+lacca carminio+blu oltremare, facendolo della tinta che si desidera variando le dosi dei tre colori primari.

Terminato l’abbozzo delle carnagioni a mosaico più preciso possibile (come un’immagine fatta di pixel), intanto il colore si è rappreso ma ancora fresco, ho sfumato leggermente e meno possibile con i pennelli da sfumare puliti, facendo attenzione a non alterare i connotati del soggetto. Qualche ritocco finale, fatto. Sono passato ad abbozzare il resto ma non ricordo con quale ordine. Direi che ho fatto la camicia bianca semplicemente usando bianco, nero e piccole dosi di ocra gialla e rossa dove era necessario aggiustare le tinte dei grigi. Nelle ombre della camicia bianca c’è anche del bianco, a differenza di oggetti di colori più scuri le cui ombre non devono contenerne.

Passando al vestito giallo. Le parti illuminate sembrano giallo un pò aranciato abbastanza intenso. Non so che pigmento ha usato Gentileschi, so che a quei tempi i gialli disponibili erano pochi: giallo di piombo e stagno e/o antimonio, che tende al giallo limone; orpimento e realgar (solfuri d’arsenico), gialli e aranciati vivi; lacche gialle (estratti da vegetali), non molto stabili alla luce ma utili per velature; ocre gialle chiare e scure.

Mi sono arrangiato a copiare il vestito preparando le 3 tinte: per chiaro, mezzatinta e ombra, servendomi di giallo di cadmio chiaro, ocra gialla, terra rossa chiara, lacca gialla, terra siena bruciata e bruno van dyck o terra di cassel (non ricordo) e un pò di bianco per fare il giallo chiaro.

Anche per abbozzare il vestito ho dato dapprima una preparazione trasparente sulle ombre e mezzeombre, quindi subito le parti chiare (non i colpi di luce chiarissimi, si fanno dopo), le mezze tinte e le ombre, costruendo le pieghe giuste a mosaico ma con meno pignoleria della faccia e delle mani.

Lo stesso lavoro si fa per il tessuto rosso sullo sgabello. La parte illuminata, l’ho fatta di una tinta ricavata da mescolanze di poco cinabro, terra rossa chiara, lacca rossa e con giallo limone per i chiarissimi (il bianco farebbe dei rosa violetti stonati). Le ombre con bruni rossicci più o meno trasparenti composti con i soliti colori primari a disposizione.

Il criterio adottato in questo tipo di pittura è che le ombre dei vari colori tendono ad un bruno indifferenziato, mentre sono ben distinte e marcate le tinte illuminate.

Gli strumenti musicali devono essere disegnati in modo perfetto, basta poco per farli apparire sbagliati. I colori del legno, luci e ombre, li ho composti con le ocre gialle chiara e scura; terra rossa chiara; terre siena bruciata; lacche gialla e rossa; bruno composto da giallo+rosso+nero; giallo limone e poca terra rossa chiara nelle luci. Tenendo conto che si faranno velature trasparenti anche di asfalto per potenziare l’effetto delle ombre del legno. Le lumeggiature del legno lucido sono di giallo limone o giallo napoli con bianco ed eventualmente poca terra rossa chiara, secondo la tinta del legno. I colori sono più o meno quelli dei capelli biondo-castani.

L’ombra sul muro l’ho ripresa in un secondo tempo a velatura sull’ombra un pò meno scura dell’abbozzo, tenendo presente che le parti più scure sono sul manico dello liuto e un pò sull’ombra di effetto lucido dei capelli. L’asfalto usato in qualche velatura finale si può mescolare con colori trasparenti per modificare la tinta, in ogni caso bisogna metterci del siccativo altrimenti non asciuga.

Dipingendone un pezzo per volta, succede che molte parti del quadro asciugano e per proseguire senza che faccia l’effetto di una giunta, è necessario passare un pò d’olio di noci (o papaveri) sul confine o sull’area da proseguire o da riprendere, togliendo con uno straccetto pulito o con carta da cucina l’eccesso d’olio.

Come regola generale, si fanno le ombre scure il più possibile sottili e trasparenti anche a velature, mettendo nel colore un pò di medium siccativo come l’Haarlem o qualche cosa di simile a una vernice che alza l’indice di rifrazione e aumenta la trasparenza, permettendo alla luce di essere assorbita in profondità. Le parti luminose, al contrario, devono essere opache e riflettere la luce, non devono essere diluite con vernici ma piuttosto sode. Volendo diminuire l’indice di rifrazione per rendere un colore opaco e riflettente come le lumeggature, per esempio, basta aggiungere alla pasta del colore qualche goccia di tuorlo d’uovo, si emulsiona velocemente con la spatola. Non influisce sulla tinta nè sulla stabilità ma rallenta un pò l’essicazione.

Finito tutto il quadro, l’ho lasciato seccare bene e l’ho messo anche un poco al sole (non si dovrebbe mettere al sole diretto, può guastare un pò le tinte) per velocizzare.

Poi, dopo aver tolto con la lama del coltello qualche grumo di colore che dava fastidio facendo attenzione a non spelare il dipinto, ho pulito tutto con acqua e spugna e fatto asciugare bene.

Il quadro era pronto per i ritocchi finali. Non ricordo se era stato necessario dargli una leggera vernice per eliminare l’opacità, comunque ho dato delle velature, ho ritoccato quà e là, sempre dopo aver unto con l’olio le parti interessate. La vernice l’ho data dopo qualche mese. Mi pare d’aver usato della vernice Mastice che mi ero fatta io con la resina dell’erborista e l’essenza. Ottima, facile da fare e molto più economica di quella per Belle Arti.

Non so se la maniera e la scelta dei colori per fare questo quadro sia la più giusta, probabilmente si possono adottare altri metodi, io ho seguito quello che si insegnava negli antichi manuali, supponendo di avvicinarmi al modo dell’autore.